
Sebastiano (Venerabile dal greco) arrivò dalle sue terre del sud per guarire le cicatrici provocate da un’avventura capitatagli tanti anni fa, tanto che non aveva più una percezione sicura della storia. Nel suo viaggio incontrò Rocco con il suo cane dal quale mai si separava, quasi fosse un’icona per una pubblicità. Erano arrivati in un luogo dove era stata costruita una fattoria per i sopravvissuti al grande stress collettivo. Con aria trasognata deambulavano anche dei personaggi che a Sebastiano ricordavano i suoi tempi passati: un alto graduato in cerca del perdono per le torture inflitte ad altre correnti di fede (era specialista nell’attaccare persone agli alberi per poi farli trafiggere con frecce tirate dai suoi subalterni in tornei pomeridiani di tiro con l’arco). Una donna straniera aveva portato i figli, stralunati da notti intere colme di videogiochi, a conoscere l’aria di antiche progenie.
A Sebastiano sembrava di cogliere espressioni familiari nel viso dei giovani…. Ma forse quella era un’altra storia confusa, della quale non si conosceva la distribuzione dei ruoli….
Sebastiano si sentiva già meglio e si ricordò un sogno che aveva fatto in una notte buia e tempestosa dove si collocava in un luogo senza spazio né tempo, con molto blu e un cappellino tipo aureola. Una donna dai tratti scuri e duri e dolci gli sottoponeva il mistero
del quarto dubbio e un essere umano quasi folletto e quasi trasparente, gli sussurrava la poesia proibita del limbo, territorio ormai sparito dalle carte geografiche dell’universo.
Sebastiano transitò in un altro spazio onirico dove le architetture formali erano disseminate da croci rudimentali, totem sconsacrati e volontari della sofferenza, un sentiero irto di paure e torture, misericordie e tradimenti. Il volto della gente era segnato dai duri sguardi di una vita subita, dove tribuni decretavano leggi che convertivano gli insicuri a scendere in facili approdi e pascolare le idee in prati per le allodole. Gli sembrava di percorrere il cammino dei sensi di colpa e udire una colonna sonora fatta di giaculatorie e canti gutturali, come una nenia che accompagnava il sonno dei poveri.
Sebastiano si accorse che dal suo corpo stavano scomparendo le cicatrici e si vedeva proiettato sulla scena della tragicommedia umana, con dei costumi colorati a danzare in quadri scenografici estranei da ogni contesto.
Aveva la sensazione di essere uscito dal suo corpo ed essere coinvolto in una finzione che riscattava vecchi racconti di martiri e malelingue blasfeme.
Sebastiano era cosciente delle contraddizioni giocate su un campo diviso tra il sacro ed il profano, di scegliere tra fede e amore e decidere di aderire a culture diverse. Assieme all’agnello sacrificale gustava il senso di leggerezza e il culto del dubbio, lievitando nel territorio della fantasia.
Fuori dal sogno, la storia della sua vita lo portava a pensare che la morale della favola era sempre quella non enunciata e che ogni assomiglianza a persone e simboli fossero casualmente volute…. Picta Manent (forse)
Nando Snozzi (NS 2007 d.C) |