…..visidivisi-non luogo a procedere: siamo tutti colpevoli e sensibili al dubbio…..
Io e la mia pittura abbiamo una matrice espressionista. Durante il mio percorso ho dipinto i personaggi che sono gli attori della tragicommedia umana. Un teatro dei sensi ampio dove ogni personaggio interpreta diversi sentimenti, dall’ipotesi per un delirio alla curiosità derivante dai misteri che vedo. Ho preso in ostaggio il viso come carta geografica dell’anima, il viso come uno schema macroscopico, atto a rappresentare un corpo entro certi limiti di approssimazione lasciando libere le somiglianze. Io sono un “personaggio di mezzo”, viaggio con il segno in direzioni diverse come se la vita fosse una camminata assistita, leggo i visi divisi dentro la speranza e le atrocità.
I visidivisi hanno uno sguardo che giace lontano. Trasportano visioni di territori dove pascolano dinosauri blindati e lacrime dentro rughe che sembrano letti secchi di torrenti, un tempo vie di fuga di dolori e angosce… Occhi che indagano chi li guarda … Visi che ne scrutano altri che li guardano, in un gioco di rimandi di sguardi dove si leggono i sensi di una vita… Il momento è sospeso nel tempo esistente tra luce e desiderio e dentro un’ipnotica sosta nel vuoto. Visidivisi disegnano l’identità che non può essere giudicata perché non individuabile e non reperibile dentro i dettami del buon costume. Sono i volti dell’assurdo e del grottesco, al confine dello specchio e volti che creano le smorfie del passato, le maschere del presente e le sembianze del futuro. Da scorci diversi frontali o da posizioni sghembe mi attirano le sorprese dell’ignoto, aderisco al disegno selvatico e dipingo i miei sensori emotivi e assiomi difensivi (nel senso di immediata evidenza).
I visidivisi, senza schemi morfologici entrano in un gioco di assomiglianze alternative e vaghe, entrano nella memoria di visi seriali che si contendono la prima pagina nel regno delle vanità e degli sguardi che scrutano il fondo dell’anima di un vasto pianeta, dove si muovono donne e uomini in preda a una precarietà che nessuno può sfuggire.
“VISIDIVISI – primo testo”
…racconto di visidivisi deambulanti nella rugiada dell’assenza,
disegno l’anima e il suo doppio,
immagino la leggenda di visidivisi nel dubbio…
Con le rughe dell’apparenza viaggio nelle trasparenze della pelle.
La geografia dell’inconscio appare
nella tavolozza di visidivisi
ripetuta e persa nel tempo…
Non cerco la gratificazione,
divido lo sguardo.
Accompagno la digestione dell’immagine.
Non perché considero che l’immagine debba essere mangiata
ma… gustata e desiderata, fatale e sorprendente.
Confabulo con l’ironia, l’erotismo e la forza del segno
imponendoli sul palcoscenico, nel cortile sotto casa
o dentro le scollature del sistema.
Visidivisi indagano la tavolozza dei colori
compilata dall’alba al tramonto
con profumi riuniti
tra mare e terra e in accordi multietnici.
Io, come un dinosauro blindato resisto ad un ordine imposto
intuisco che si é perso il buon senso
nel pascolo dello zoo universale
e penso che l’essere umano
non é quasi mai all’altezza del proprio eloquio.
sono cosciente di aver vissuto già più tempo
di quello che mi resta da vivere…. E….
l’idea subliminale corrente, di non disturbare,
di essere politicamente corretto,
della supremazia applicata
ad amplificare la diversità in senso squalificante,
mi costringe ad esserci…..
VISIDIVISI – EROI?
I visidivisi indulgenti e disperati
cantano una nenia di lamenti e di solitudini eccessive
di poche speranze e di birra
carburano attese di cuori spezzati e di scarse passioni.
eroi da rotocalco popolano i desideri di un lontano domani.
ho visto salire il giorno é scuro e capovolge i punti cardinali.
la linea dell’orizzonte definisce l’infinito che sembra vicino
come un ossimoro appannato.
donne e uomini si chiamano amore e rischiano di
scannarsi durante il telegiornale del mattino.
Dietro una siepe di nuvole transitano l’apatia intellettuale
e movimenti corporei utili a contenere le calorie.
Non sono un paladino del decalogo morale e
neanche un sostenitore dei sani principi.
Preferisco ingurgitare storie che mi dislocano
dentro altri romanzi dove si ride, si scherza,
si piange e si soffre.
ascolto la colonna sonora del rumore umano
e percepisco il panorama della vita.
Visidivisi di un asceta da video o di un artista da camera,
hanno perso il treno della gloria ma hanno preso quello dell’ignoto.
forse ho una coscienza blindata più del veicolo papale
ma percorro le strade dell’arte come se fossero miei domini naturali.
le mie radici sono sparite dentro una geografia universale
e mi tengo stretto i piccoli perimetri quotidiani.
le energie della tarda gioventù giocano a rimbalzino
con l’adolescenza della terza età creando naturali contraddizioni.
Quando sono in riva al mare con la forza del grande spazio
vorrei essere in alta montagna per le suggestione delle sommità.
Quando i colori di una faggeta e l’ombra di un castagneto
con gli odori di un menù selvatico mi avvicinano alla natura
vorrei essere in una tana urbana piena di fumo e jazz
per sentire il fascino della sregolatezza.
infine mi sento fuori in ogni luogo e in ogni tempo
come un essere umano profugo dalla nascita.
quarto testo – Occhi bucati.
testo di Andrea Bianchetti
Tornando in treno sentendo Brahms
noto la mia sagoma in una finestra.
I ricci sempre più radi.
Il naso dritto a spezzare l’aria.
Le labbra bianche
come calde tende estive.
Gli occhi incerti, carichi di nero.
Quelli non sono i miei occhi:
due tristi spille da balia;
quelle che stringeva nel pugno,
andando a scuola a quindici anni,
Elif Şafak,
per paura che qualche pervertito
le facesse crollare una sporca mano
sotto la bella gonna di panno
che la mamma aveva cucito per lei
con quell’amore gentile che solo
una donna può sentire.
quinto testo – VISIDIVISI-NON LUOGO A PROCEDERE
(Siamo tutti colpevoli e sensibili al dubbio)
Ad indagare la fisiognomica dei “visidivisi”
sconcerto e dubbio mi assalgono
imponendo una presa di posizione
una scelta di campo
poiché la verità
non può essere elusa all’infinito.
Impresa dell’arte quindi
non è solo ridefinire l’estetica
bensì oltrepassare frontiere
sondare l’ignoto
ridefinire l’area della percezione sensibile
dilatare l’area della coscienza
neuronalmente compromessa.
occorre reinterpretare
categorie psico-storiche e scientifiche
che celebrando la smodata crescita
che hanno arrecato dolo al mondo
sovvertendone tragicamente
la bellezza selvaggia e primigenia d’ogni equilibrio.
Si vive eludendo le architetture del bene;
dissimulare spettacolarmente
il fine del “mercato”
è la scienza del tempo;
la felicità è idea effimera;
la banalità è male.
Può l’arte esercitare il proprio “fare”
la sua originalissima poaiesis
tenuta al guinzaglio dell’imbonitore di turno
teologico ideologico?
Può l’arte
ridefinendo gli orizzonti del dubbio
rimodulare il consumo
e attivare l’essere umano della “decrescita”?
Si può riscattare il maltolto
dove coltivare nuovi alphabeti di giustizia e libertà
e dove nutrire i dannati della terra?