NOTIZIE PROVVISORIE 2006… 2009… 2013…
Le notizie e le controinformazioni, agguerrite rivali, avevano sconfitto il governo modello dell’era liberista e truculenta. La parola era stata conquistata dall’immagine.
L’immagine si riferiva alla parola per essere letta. Il terreno dell’arte era costituito da un’orgia di trucchi.
Il palco dei misteri era stato piazzato al centro dell’universo come un lugubre patibolo, minaccioso e polveroso, dove i protagonisti di un teatro dell’assurdo dichiaravano la resistenza attiva. La “giustizia popolare” si dimenava nei sensi di colpa rincorrendo i saldi di ogni oggetto del desiderio, censurando ogni accenno alla riflessione e abboccando alla cieca ai decaloghi pubblicitari, che incitavano all’acquisto di carne e sesso, di legumi e diete fasulle, di creme antirughe e funerali dignitosi ma ribassati.
La ricerca della morale si dedicava anima e corpo alla conquista dei sogni irraggiungibili, tra la colpa ed il perdono, mettendo in atto una decadenza irreversibile. Un “divertissement” di ossimori e di contraddizioni creavano la colonna sonora del superfluo cantando in coro una sinfonia tra il cabaret e la politica, tra il galateo e la scortesia.
Attacchi devastanti al servizio pubblico, erano costantemente enunciati dagli zimbelli e dai voltagabbana del potere, dai populisti e dai bigotti, con parole annuvolate dalla forfora, con le pupille spruzzate da polveri fini e con la lingua biforcuta dell’arroganza. Stravolgendo la storia scritta dalla memoria, istigavano al delitto e all’atroce pensiero. Dove aveva vinto l’odio metteva le radici il mostro.
La faccia oscura del divino, prestava il viso all’emergenza e al disastro. Il sogno mondiale si annegava in un mare di sangue.
<<Adesso ammazzaci!>> gridavano gli innumerevoli bambini nati per disperazione, con la guerra negli occhi e con le lacrime come ultima bevanda. Davanti alla potenza ed al lusso, il futuro era una minaccia, gli orizzonti globali erano provini per stragi in divenire.
Era difficile sostenere l’anima della poesia e la poesia dell’anima, ma fortunatamente la linfa con la quale la mia vita aveva aderito all’avventura della creatività era resistente.
Se non fosse per l’arte, l’essere umano sarebbe una bestia? (istintivamente mi veniva da parteggiare per la rivolta dei pachidermi e rifugiarmi in foresta ahahahahah).
Mi sentivo un pastore di tartarughe che non era ancora giunto alla massima velocità della sua lentezza, sognavo gli odori di elicriso e i colori dell’asfodelo che con eleganza duravano il tempo di una stagione. Il mare era lontano tanto quanto le cime tempestose delle alpi, un fastidioso disagio serpeggiava dentro i giorni composti da ore illegali.
Avere sguardi e utopie era essenziale per continuare il viaggio programmato sui luoghi in cui la battaglia continuava ad uccidere per soldi. Una partita giocata fino alla morte, dove tutti erano coinvolti nell’abuso di potere, si risolveva come se fosse un “monopoli” impazzito, con regole fuori norma e vantaggi per i fuorilegge e i predatori.
Per fortuna e per forza pirati di sangue multietnico e complici dei senza voce si alzavano nella notte guerriera, intonando un canto di seduzione animale. Con segni dissenzienti indicavano strategie per depistare i “monitoraggi di moda” e sottolineando l’implicazione a pie’ sospinto della massa critica nel difendere una democrazia ammalata.
<<Non fermate il mondo!>> imploravano i predicatori di menzogne davanti alle perdite sui guadagni, annunciati dalle casseforti dell’universo. Il senso di vergogna era prerogativa dei pochi che, esuli dalle isole della decenza, identificavano nel senso dell’impotenza il motore per dare corpo all’urlo.
Tutto il resto silenzio. La danza sacrale era messa in scena per vivere senza confini.
Il vuoto e l’assenza abitavano la trincea del silenzio dentro la quale l’essere umano recitava (senza saper scegliere tra mantra e rosario) un’implorazione finale:
<<non potete approfittare del mio dolore!!!>>
I tradimenti e le rivelazioni si confondevano e adottavano la forza del sole e del vento per accusare di infamia chi aveva deciso come sarebbe stato il proprio avvenire. I professionisti del disagio invadevano i reality show inventando capri espiatori che si spogliavano dei propri peccati in diretta televisiva. Quelli che avevano espletato i propri doveri ed i propri piaceri aderivano alle trasmissioni impugnando il telecomando come uno scettro, lavandosi la coscienza e perdendo per sempre la capacità di indignarsi.
terra dello scorpione
nando snozzi