Il viandante Bruno Pinoli.
Bruno Pinoli (classe 1953, architetto di interni e docente CSIA) è anzitutto un viandante. Un pellegrino, che ama percorrere le strade più disparate. Strade bianche, anfose, itinerari discosti. L’immagine del viandante qui evocata non è pretestuosa. Serve piuttosto a meglio decifrare la modalità con cui Pinoli è solito leggere la realtà che incontra nel suo instancabile camminare (affatto metaforico) e che, per una sorta di vizio professionale, non manca di registrare nei tanti taccuini di viaggio. Sono brevi annotazioni, soprattutto disegni, eseguiti con mano abile e sicura. Pagine di una Realtà con “testo a fronte”, dall’artista elaborate secondo denominatori comuni riconducibili alla passione o al fascino per le strutture geometriche, i tracciati, le proporzioni, le sequenze numeriche, la modularità, il divenire combinatorio di configurazioni, ecc., di-svelate mediante inedite prospettive. Pinoli percorre sentieri indicati dai vari Pitagora, Fibonacci, Peano, Schlemmer, Kandinsky, ma anche da Le Corbusier, Schwitters, Sol Lewitt o l’eclettico Munari. Con loro condivide il piacere per la vertigine dell’infinito, sfiorato o forse accarezzato attraverso il gioco dei numeri.
Gettando uno sguardo alle opere esposte, non sfugge la volontà declamatoria, quasi grafica, di inserire a caratteri cubitali la sequenza dei numeri che esplicita la progressione delle campiture geometriche. Colpisce la scelta di conferire associazioni cromatiche inusuali alle partizioni delle tele: suggestioni che introducono connotazioni sensoriali che si sovrappongono alla composizione geometrica. Osservando più da vicino le otto tavole che costituiscono il retablo intitolato “Stele – rotazione verticale in 8 movimenti“ suscita meraviglia ciò che appare nelle intersezioni delle rette di queste composizioni: punti che, per un curioso fenomeno percettivo, incominciano a respirare, a pulsare, ad “uscire ed entrare” dal piano, proprio come fanno le stelle lontane nel cielo, tanto care ai pellegrini…
Ora, rispetto all’ortodossia riscontrabile nel linguaggio dell’astrazione geometrica più nota, l’atteggiamento di Pinoli si rivela forse più disinvolto, ma sicuramente più permeabile. In questi termini critici possiamo anche leggere l’uscire dai limiti imposti dal supporto (la tela, la tavola bidimensionale, il piano) praticato dall’artista. Uno sconfinamento che rimanda ancora all’infinito e che egli compie con tracciamenti che corrono senza fine, quasi a perseguire una metodologia di analisi dello spazio dinamico. Così facendo egli chiama in causa l’osservatore il quale, a dipendenza del cangiante “punto di vista”, è sollecitato a scomporre e ricomporre in molteplici possibilità rappresentative l’immagine dell’opera. Non è difficile riconoscere, in questa attitudine perturbativa dell’ambiente circostante, l’ostinata volontà di interagire con lo spazio.
In fondo, la “ricerca paziente” evocata nel titolo della mostra, è ben descrivibile nel cammino in itinere effettuato dal Pinoli-viandante lungo i sentieri e i crocevia dell’arte di derivazione geometrica che, interpretata e sviluppata attraverso la sua personalità e sensibilità artistica ne diviene – oltre che sincera testimonianza di ricchezza e integrità del percepire e del pensare – il ritratto e la biografia.
Rolando Zuccolo