L’altra reminiscenza.
avanzi e frammenti
resti di ritrovamenti
tracce lasciate in luoghi incustoditi
impronte e segni scalfiti
figure e sagome ancestrali
presenze rituali
testimonianze evocative
appartenenze allusive
rivelazioni con e senza
l’altra reminiscenza
G.H.
Gianni Hofmann è nato nel 1952 a Lugano.
Dal 1966 al 1971 ha frequentato la scuola d’arte di Lugano diretta da Pietro Salati.
Dopo un periodo trascorso in vari atelier di grafica e decorazione, ha ripreso gli studi. Dal 1972 al 1975 ha seguito il corso unico per la formazione di docenti di disegno, attività artistiche e lavoro manuale presso lo C.S.I.A. di Lugano. Dal 1975 al 2010, ha insegnato educazione visiva nella scuola media di Gordola, dove vive e lavora.
Gianni l’ho conosciuto nel 1969 appena ebbi capito che non potevo fare il contabile per tutta la vita e mi ero messo su una strada dove tutto era permesso… “Essendo destinati” ad essere amici di lungo corso abbiamo messo in atto una confidenza profonda e condividendo scelte diverse. Gianni mi ha contenuto un po’ nel mio debordare esistenziale, quasi come se fosse una coscienza in cui specchiarmi… e per gioco nell’adolescenza della terza età, ogni tanto recita la parte del mio braccio sinistro visto che io sono diversamente abile. Gianni ricerca, nel suo viaggio dentro il segno, la sua anima “altra”, il Sé perduto nell’irreversibile tratto che separa “l’inizio e la fine dell’infinito”. Ci accompagniamo un po’ a vicenda, incauti e certe volte esausti davanti all’idiozia dell’essere umano ma comunque spesso in guardia con il corpo e la mente nel territorio dell’arte.
Gianni Hofmann afferma: “Ho un bisogno viscerale di gestire ogni singola parte che compone l’immagine. Devo controllare il segno nel suo insieme di segni. Evidenzio il segno con rilievi, incisioni e superfici diverse e manipolo la materia e il colore”.
Nel suo tracciato artistico, definisce con il segno-scrittura alcuni elementi che a volte costituiscono una chiave di lettura dell’opera e contestualizza il singolo quadro all’interno di una serie di lavori. “L’altra contaminazione l’altra reminescenza” è una mostra che guarda alle immagini divulgate sulle pareti delle grotte preistoriche, alle immagini d’incisioni rupestri. Non solo: per Gianni Hofmann, l’esposizione è un pretesto per spaziare nella memoria del tempo.
Rielabora simboli tratti da un passaggio di informazioni che graffiti ed incisioni rupestri indicano, raccontando della storia dell’essere umano che si ripete nei romanzi della vita. Sono simboli di caccia, fertilità e di una vita primordiale, ma anche contaminazioni di simboli che rappresentano battaglie e approvvigionamenti, sesso, morte, amore.
Gianni Hofmann incide il vetro acrilico, la creta, disegna su acetati che poi sovrappone evidenziando la mescolanza del tempo e dei segni, per proporre la riflessione che nulla cambia e tutto si muove. Crea un alfabeto che va da arcani ritrovati a significati ipotetici. Usa tecniche miste, incide e spalma pasta acrilica, creta e mescola pigmenti adagiandoli su supporti scelti.
Con minuziosa premura elabora i connotati di segni che hanno travalicato barriere meteorologiche e termiche, che hanno superato ere storiche e millenni di cambiamenti climatici portando una storia che rappresenta il percorso della razza umana. Sembra che il tema primario sia sempre stato lo stesso: la sopravvivenza. Siccome Gianni, non ha proprio lo spirito avventuriero ne da indiana Jones ne da speleologo, si lascia influenzare dalle quasi magnetiche incisioni sulla pietra reperite con la “tecnologia della rete” e dai testi cartacei vari, e ha tracciato una personale legenda di simboli trasportando i diari di un tempo in spazi alternati a costruzioni formali ottenute con l’uso di pigmenti di terre varie.
Dentro le caverne di oltre 30’000 anni fa gli impulsi creativi erano liberi, determinati a lasciare tracce e segnali di una definizione territoriale che era necessaria come spazio vitale. Erano segni primordiali, segni che avevano una valenza narrativa e un pensiero simbolico. Gianni Hofmann esprime una lettura di tali segni lasciandosi sorprendere da interferenze contemporanee e usando un suo personale e delicato modo esecutivo. Le sue immagini diventano soggettive e lasciano spazio ad un’interpretazione laica e contemporanea oppure a un’interpretazione della memoria, a ciò che era stato e, forse, a ciò che sarà. I suoi punti di riferimento visivi si spostano da un sobrio alfabeto a un altro senza epoca, oppure anche ad una registrazione dell’ istante costruito deliberatamente reinterpretando a sua immagine e somiglianza allegorie e metafore e supposizioni quasi visionarie.
Con l’avvento della tecnologia, che è cresciuta in modo esponenziale, il tutto è diventato ovvio tanto che quasi nessuno vede oltre il velo dell’apparenza. Il motivo principale dell’esistenza globale, il diritto alla vita, si è trasformato in una lotta per il potere. Gianni Hofmann riporta tutto a uno stato primario, pur restando con l’immagine all’essenza del simbolo. Dai suoi segni emerge una contaminazione con immagini impresse nella memoria che hanno caratterizzato la storia. Gianni Hofmann illustra eventi vissuti in scenari sconosciuti. Segna profondamente in un immaginario collettivo suggestioni e testimonianze che indicano reminiscenze prima che subentri l’oblio delle origini.
Nando Snozzi 2014